28 aprile 2019: approfittiamo della bella giornata primaverile per una gita a un sito che da tempo voglio visitare, le grotte di Aisone, in valle Stura. Anche perché da un mese quest’area è stata dichiarata Riserva naturale, sotto la gestione del Parco delle Alpi Marittime: i vari ripari nella roccia, poco sopra la provinciale della valle Stura, celavano reperti risalenti al Neolitico (conservati ora nel Museo Civico di Cuneo) riportati alla luce da scavi prima negli anni ‘50 e poi ’90, come ossa di animali domestici e selvatici, macine in pietra, punte di selce, interessanti vasi a bocca quadrata e persino una sepoltura infantile.. Altro motivo di interesse dell’itinerario che andiamo a fare è la presenza di alcune costruzioni con tetti in paglia di segale, tipologia costruttiva tipica della valle.
Parcheggiata l’auto nel piazzale sotto la Taverna delle grotte di Aisone, con pannello che indica il sito archeologico, entriamo nella taverna per chiedere informazioni e prendere il nuovo depliant gratuito con cartina e la descrizione degli itinerari. Vorremmo anche fermarci per un buon pranzo a base di specialità della valle, ma qui fanno solo taglieri e panini, per cui proseguiamo a piedi nelle vie del paese cercando l’inizio del sentiero. Altra particolarità di Aisone è la presenza di sculture a sembianza di cervi, lungo la strada e sopra l’abitato. Si tratta di sette sculture in fusione di alluminio realizzati nel 2012 dallo scultore Paolo Grassino col nome di “Incursione”, nell’ambito del progetto VIAPAC, ovvero Via per l’arte contemporanea che collega Caraglio a Dignes.
Dopo aver ammirato anche il bel campanile romanico dopo pochi minuti giriamo a destra in prossimità delle indicazioni per frazione Piron (sentiero P 64); dopo un secondo ponticello sulla sinistra si scorge una palina che indica le grotte ( di qui sbucheremo al ritorno) e dopo tratti sterrati ed asfaltati in poco più di mezzora arriviamo a casali Piron. Proseguiamo su sentiero nella valletta del rio Borbone, tra latifoglie, pini e ciuffi di lavanda secca, lasciamo il P 64 che gira a destra in direzione delle Punte Chiavardine e Testa di Peitagu e continuiamo in leggera discesa col P 67 diretto a Castellar delle Vigne. Prima passiamo tra le case di frazione Baile (o Vigne) e da qui sulla sterrata perveniamo all’ampio pratone da cui si vede Castellar delle Vigne ma noi scendiamo sulla sinistra verso località la Comba, nostro primo obiettivo, per i tetti di paglia e caratteristici pinnacoli rocciosi, visibili dal pratone. Alla comba in realtà si può arrivare, per chi volesse abbreviare il percorso, già da case Piron o dalla frazione Baile (sentierino che parte dalle case più in basso). In una decina di minuti siamo alla suggestiva radura della Comba, dove ammiriamo i tetti di paglia e i pinnacoli di roccia su cui scorgo dei bei ciuffi di fiorellini bianchi..più avanti li trovo a portata di ..mano, così a casa con calma risalgo alla specie, si tratta dell’Alyssum ligusticum (o Ptilotrichum halimifolium), detto alisso ligure, endemismo ligure-piemontese sudoccidentale presente su rupi calcaree delle alpi Marittime, Cozie e Liguri.
Dalla Comba seguiamo la sterrata per poco, per poi prendere un sentiero sulla sinistra con l’indicazione per le grotte ( a destra invece si scende sulla strada provinciale). Con vari saliscendi transitiamo per le grotte, che si presentano come cavità di varia grandezza che si aprono nelle parti calcaree, frequentate nel Neolitico e in tempi più recenti usate come ricovero dai pastori, e passiamo anche dentro una curiosa fenditura per riimetterci poi sulla strada iniziale, che in pochi metri ci riconduce alla strada provinciale, concludendo così il nostro bell’anello di circa 2 ore. E poi..agnello sambucano in trattoria a Vinadio!
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