Un pomeriggio dei primi di maggio vado a trovare Silvana, compagna di molti trek e indaffarata nonna sprint e come sempre, con la sua solita grande ospitalità, mi accoglie questa volta con delle squisite frittelle di acacia! La pianta in questione non è l’esotica Acacia dealbata (più nota come mimosa) e neppure l’acacia di Costantinopoli (Albizia julibrissin) entrambe leguminose ornamentali ma un’altra leguminosa arborea, la Robinia pseudoacacia, chiamata anche gaggìa, oltre che acacia o robinia, albero noto per il delicato miele che si ottiene dai fiori e per le sue attraenti fioriture bianche visibili nei mesi di maggio e giugno. Questa specie arborea che siamo ormai abituati a vedere fino a circa 1000 m d’altezza in boschi per lo più puri, è una specie nordamericana ormai naturalizzata a crescita veloce e ottima come consolidatrice dei pendii, ma che tende a escludere le specie autoctone, formando boschi e boscaglie con scarsa biodiversità. Della pianta sono commestibili solo i fiori, perché le altre parti della pianta contengono sostanze con una certa tossicità, motivo per cui conviene usare i fiori quando sono ancora in boccio, non del tutto aperti, perché così si è sicuri che il seme non è già sviluppato, (anche se pare che con la cottura le tossine vengano distrutte).
Ingredienti:
- 250 gr.di farina
- 2 uova
- 70 gr.di zucchero
- 30 gr.di olio
- 1 bicchiere di latte
- un goccio di brandy
- un pizzico di sale e di lievito
La pastella non dev’essere troppo molle, altrimenti aggiungere farina. Si immergono le infiorescenze nella pastella e si friggono in abbondante olio d’oliva delicato o di semi, per poi servirle eventualmente spolverizzate di zucchero a velo
Silvana e la Dent Parrachée (Vanoise)
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