Il biancospino è arcinoto noto come “pianta del cuore” per le proprietà cardiotoniche e sedative dei suoi fiori, il cui infuso è addirittura considerato da molti un elisir di lunga vita, ma anche le bacche autunnali (o meglio drupe, perchè hanno un nocciolino) hanno discrete proprietà, astringenti e diuretiche, e si possono utilizzare in cucina. La loro polpa farinosa una volta essiccata un tempo si prestava ad essere ridotta in farina e mescolata alla pasta del pane, (come anche si faceva con le faggiole, i frutti secchi del faggio). Queste piccole “meline” del biancospino si presentano in infiorescenze a corimbo che per il loro rosso brillante le rendono adatte anche a decorazioni per le feste dei Santi e di Natale, considerato che si mantengono abbastanza a lungo. La pianta nel complesso è facilmente riconoscibile per la presenza di spine , le foglie a lobi e dentate, i fiorellini bianchi primaverili che in autunno ci danno i bei fruttini, leggermente aciduli, un po’ più dolci se raccolti dopo le prime gelate (come per molti frutti selvatici autunnali). I più volenterosi possono ricavarne una marmellata che pare abbia un vago sapor di cioccolato, mentre io ho voluto provare una ricetta che avevo visto da anni su un libro di cucina con i fiori: le mele farcite di biancospino. Come mele ho usato quelle rosse selvatiche da meli abbandonati che avevo trovato lo stesso giorno nella mia passeggiata, così ho ottenuto un dessert del tutto biologico, l’unico neo sono i nocciolini che bisogna scartare degustandole.
Far rinvenire circa 200 gr di frutti di biancospino (mondati dei resti del calice) in 300 ml di vino rosso per 3-4 ore. Scolarle e mettere il vino a bollire con 150 gr di zucchero grezzo, poi aggiungervi i frutti e cuocere finchè sono morbidi. Nel frattempo cuocere in pentola o nel forno (ma senza farle spappolare) alcune mele svuotate di un poco di polpa e cosparse nell’incavo di zucchero e cannella, e poi riempirle con le bacche cotte.
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